Gregory Crane e i cittadini della repubblica delle lettere

We post an article published by Maria Chiara Pievatolo in the Bollettino telematico di filosofia politica about the role played by Gregory R. Crane in the humanities (see also our post on Humanities in a Digital World).

Chi studia l’antichità conosce Gregory Crane anche quando non ne rammenta il nome, non per quello che ha scritto ma per quello che ha reso possibile scrivere. Crane è il direttore del Perseus Project, una biblioteca digitale che libera gli studiosi dal microcosmo chiuso e inaccessibile della monografia accademica, permettendo loro di lavorare sui classici in forma ipertestuale e stratificata, per esempio così.

Il suo intervento alla conferenza Going Digital. Evolutionary and Revolutionary Aspects of Digitization (2011) ha in epigrafe una citazione famosa del logos epitaphios dedicata, prima che alla democrazia nella repubblica delle lettere, alla democrazia nella repubblica.

Siamo i soli a considerare chi non partecipa [agli affari pubblici] non già senza occupazioni (apragmon) ma inetto (achreios): e siamo in grado di deliberare con sicurezza o almeno di valutare correttamente quanto non fatto da noi. Non consideriamo impedimento alle azioni i discorsi, ma la mancanza della conoscenza che va guadagnata col discorso prima dell’azione. [Thuc. 2.40.2]

Per quanto l’ideale ateniese possa apparire ingenuo, la sua condizione indispensabile – offrire a tutti gli strumenti informativi e tassonomici che nel mondo della stampa stavano rinchiusi nei libri e nelle menti di un’élite di studiosi – sta diventanto un compito urgente perché, indipendentemente da noi, il World Wide Web ha reso accessibile una quantità di informazione prima inimmaginabile e ha generalizzato la necessità di filtrarla. Gli umanisti – scrive Crane – hanno sempre sostenuto che il loro insegnamento forma menti critiche capaci di orientarsi nel passato e di formulare idee nuove per il futuro. Questo è il momento di metterli alla prova.

Paradossalmente, la repubblica piccolissima degli alfieri del pensiero critico ha sempre trattato gli studenti e in generale gli esterni alla comunità accademica come sudditi e non come cittadini. Questa discriminazione non è più giustificabile, né tecnicamente né scientificamente. Ci troviamo a vivere, come in una rivoluzione copernicana, in uno spazio documentale improvvisamente enorme e a disporre di strumenti di annotazione, connessione e confronto fra testi in grado di raccogliere e di far tesoro del contributo di tutti.

Sono percepibili quattro cambiamenti fondamentali. In primo luogo, dobbiamo ri-inventare gli strumenti elementari del nostro studio, come edizioni, lessici e grammatiche. In secondo luogo, discipline come la linguistica dei corpora ci permettono di vedere all’interno delle collezioni esistenti con una risoluzione e precisione precedentemente impossibile. In terzo luogo, settori come la linguistica computazionale e l’information retrieval ci hanno reso possibile lavorare con corpora di documenti pubblici, ora disponibili in forma digitale, molto ampliati rispetto al passato. In quarto luogo, stiamo contemplando non solo una trasformazione nello studio dei classici, ma la necessità di integrare la ricerca su argomenti come la cultura greco-romana con temi quali le civiltà del Vicino Oriente antico (con cui interagiva il mondo greco-romano), e l’India e la Cina antiche. Dobbiamo pensare ai classici come a una rete globale di culture, le cui interazioni possono essere rintracciate in più di quattro millenni di registrazioni linguistiche. La repubblica delle lettere deve attingere più pienamente da una serie più ampia di comunità di studi (per esempio studiosi della cultura greco-romana che pubblicano in croato o in arabo) e promuovere nuove comunità che connettano campi prima separati come il greco classico e il cinese classico. In una parola, abbiamo bisogno di una repubblica della lettere che sia globale nella sua portata e incoraggi i popoli di tutto il mondo a contribuire come cittadini.

La prospettiva di Crane trascende dunque i tre provincialismi che, mentre il mondo sta muovendosi altrimenti, affliggono ancora buona parte della ricerca italiana, d’abitudine o d’autorità:

il provincialismo dell’accesso chiuso: perché la sapienza classica possa essere per tutti un possesso per sempre in una rete globale di culture, la sua ricerca deve essere cosmopoliticamente accessibile;
il provincialismo neocolonialista che porta a identificare la ricerca “importante” con quella che interessa al mainstream anglosassone e parla la sua lingua;
il provincialismo della gerarchia accademica che induce a disconoscere la qualità di cittadini a studenti, ricercatori precari, scrilettori studiosi di altre discipline o semplici citizen scientists.
La repubblica delle lettere può sopravvivere soltanto superando se stessa, per risolversi nella società cosmopolitica dell’uso pubblico della ragione. Non rendersene conto significa condannarsi all’esistenza irrilevante e impoverita dell’accademia dei morti viventi.

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